“Fake it, until you make it” mi diceva la mia mamma ospitante quando avevo paura di fare qualcosa… Letteralmente “fingi fino a che non arrivi al tuo obiettivo” che in realtà significa che devi essere tu il primo a credere nei tuoi sogni per poterli vedere realizzare. Questa frase mi ha accompagnata durante l’anno dandomi una marcia in più.
Sono Maria Vittoria Benvenuti e frequento l’istituto tecnico Fermi di Mantova, con indirizzo chimica. Quest’ultimo anno scolastico l’ho trascorso a Port Orchard, un paesino vicino a Seattle, nello stato di Washington, Stati Uniti.
Un anno fa ho deciso di partire per vivere un’avventura, immersa in una nuova cultura, nuova lingua e nuove persone. Prima di partire non avevo nessuna aspettativa particolare, sapevo solo che qualunque cosa mi sarebbe capitata avrei cercato di tirarne fuori il meglio, e così è stato. Il mio anno all’estero è stata un'esperienza sorprendente e ricca di scoperte, insegnamenti e legami che so rimarranno nel mio cuore per il resto della mia vita.
Il mio anno a Port Orchard è un sogno diventato realtà grazie a tante persone che hanno creduto nel mio potenziale. In primis la mia famiglia e il Rotary club Victorinus Feltrensis di Mantova che mi hanno appoggiato e sostenuto prima della mia partenza, e i due club ospitanti di Port Orchard con le famiglie ospitanti che mi hanno fatto sentire accolta e partecipe della vita nella nuova comunità americana sin da subito.
Ho aiutato attivamente i club in raccolte fondi e attività di lavoro nella comunità e in brevissimo tempo alcuni membri sono diventati degli amici e un punto di riferimento e di sicurezza importante. Sapevo che se avessi avuto bisogno di aiuto potevo contare su di loro in qualsiasi momento. Mi sento veramente fortunata e grata di aver trovato tutte queste persone che hanno deciso di accogliere e aiutare una perfetta sconosciuta con il semplice obiettivo di migliorare e arricchire la vita di qualcuno, e posso garantire che la mia vita l’hanno arricchita più di quanto si possa immaginare.
Durante l’anno sono stata ospitata in tre diverse famiglie. La prima era composta da mamma, papà e due figlie di 11 e 13 anni. Con le due sorelline, in particolare, ho legato moltissimo, e ormai ci sentiamo come sorelle vere e proprie. Con loro ho vissuto i miei primi4 mesi: caotici e pieni di novità. Non posso immaginare migliore famiglia per passare del tempo spensierata, piena di allegria e gioia. Lasciarli poco prima di Natale è stato moltotriste, ma sapevo che prima o poi sarei tornata da loro; ed infatti ad aprile poi mi hanno invitato a passare le vacanze di Pasqua con loro in Florida. Una vacanza indimenticabile.
Nella seconda famiglia ero invece “figlia unica”. Figlia unica tra virgolette, perché la mia mamma e papà ospitante avevano una figlia, che però, proprio come me, ha deciso di diventare un exchange student col rotary, e che casualmente è stata ospitata dalla mia famiglia qui in Italia. Insomma una grandissima coincidenza che ci ha fatto un po’ vivere come nel film “Genitori in trappola”. Questa famiglia al contrario della prima era molto più calma, ma le avventure non sono mancate. A gennaio la mia mamma ospitante ha deciso di farmi una sorpresa e di portarmi in Alaska, facendo così avverare uno dei miei sogni più grandi, che avevo sin da quando ero una bambina. Anche con questa famiglia penso non avrei potuto chiedere di meglio e lasciarli è stato molto doloroso.
La terza famiglia ospitante, composta da mamma, papà e una figlia di 15 anni, sfortunatamente aveva uno stile di vita troppo pieno di impegni, e durante la mia corta permanenza mi sono sentita molto sola, vista la loro assenza continua. Nella casa non passavano mai del tempo insieme. Il padre e la madre erano sempre fuori per lavoro e la figlia dopo scuola era sempre a lezioni di danza. Non c’era nessun momento passato insieme per poter legare, conoscersi e questo mi ha fatto capire quanto prima io dessi per scontato il tempo di qualità passato con le altre famiglie. Dopo 4 settimane passate con questa famiglia ho deciso di rivolgermi al mio YEO per trovare una soluzione, e quindi poi per i miei ultimi due mesi sono tornata a vivere con entrambe le mie prime due famiglie ospitanti. Sono ancora in buoni rapporti con quest'ultima famiglia, ma da questa esperienza ho imparato quanto valore abbia l’ambiente in cui viviamo e quanto sia importante non da dare per scontato il tempo che passiamo con le nostre famiglie. Come attività extrascolastica ho partecipato in due sport: cross-country e track and field, dove ho avuto l’occasione di conoscere nuove persone e formare amicizie. All’inizio per me non è stato per niente facile farmi degli amici, visto il mio carattere timido e introverso, ma grazie a questi sport, sono riuscita piano piano ad aprirmi di più con le persone e creare così dei legami. Durante l’anno sono rimasta incredula dalla disponibilità e gentilezza dei professori a scuola. Il mio ricordo preferito è stato tutto l’aiuto e supporto ricevuto dalla mia professoressa di chimica. Al pomeriggio, in orario extrascolastico mi accordavo con lei per ripassare gli argomenti non capiti durante la lezione. Il tutto gratuitamente e con molta spontaneità cosa che nella scuola italiana sembra impensabile. La classe di chimica avanzata è stata particolarmente impegnativa, soprattutto all’inizio: la classe era composta da soli 8 studenti (perché la classe è considerata la più difficile della scuola) e le prime lezioni non riuscivo a capire la maggior parte delle parole, e le verifiche andavano male. Alla fine però sono riuscita a superare tutti i test e finire la classe con un bel voto, grazie a tutto l’aiuto e l'incoraggiamento ricevuto dai compagni di classe e dalla professoressa. A parte questa classe di chimica, le altre classi non mi hanno dato alcun tipo di problema, perché come livello erano molto più facili di quelle qui in Italia. In generale la cosa più importante che mi ha lasciato la scuola americana, è una maggiore consapevolezza delle mie potenzialità, la consapevolezza che se mi impegno posso farcela e che devo credere nei miei sogni.
Una delle differenze più grandi che ho notato in generale nel modo di pensare statunitense è una sorta di maggiore predisposizione al pensiero positivo rispetto a noi italiani. Lì tutti erano pronti ad incoraggiare e sostenere i sogni, specialmente di noi più giovani, cosa che qua in Italia vedo molto meno.
Questa esperienza che ho vissuto è stata veramente incredibile e di sicuro non semplice, ma che consiglierei a chiunque abbia voglia di mettere da parte giudizi per accogliere tutto il bello e il diverso che sta lì fuori.
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